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CHIMERA

A CURA DI GIOVANNI GARDINI

 

Chimere, camaleonti, antichi eroi ora sconfitti, presenze mostruose a tratti benevole, astronauti smarriti in costante pericolo ed altre innumerevoli bizzarre figure costituiscono quel vasto orizzonte artistico in cui si muove Alessandro Turoni.

Rileggendo le antiche ed affascinanti storie della mitologia, modificandole ed addirittura stravolgendone il finale, Turoni attraverso le sue opere crea nuove possibilità di narrazione. Talvolta lo spunto creativo è dato da personalissime visioni che grazie al suo gesto artistico prendono forma invitando lo spettatore ad entrare in mondi inesplorati, in galassie del futuro abitate da inquietanti presenze. Eppure, il suo lavoro, non è solo un gioco di fantasia fine a sé stesso o una dimostrazione di bravura tecnica. Le sue immaginifiche figure, grandi o piccole che siano, pur mantenendo inevitabilmente una dimensione ludica e di immediatezza, solo apparentemente sono facili e scanzonate. Alcune opere, infatti, chiedono inevitabilmente di confrontarsi con una realtà anche drammatica o pongono domande sulla responsabilità dell’uomo nei confronti dell’ambiente.

Antropocene e Rospo urbano sono un’amara riflessione sul tempo presente, sulla questione ambientale. Antropocene, un groviglio inestricabile di ciminiere e di braccia rapaci, racconta di un’umanità mai sazia che ha ormai preso il sopravvento sulla natura fino a distruggerla. Un fumo denso e spesso è sospeso su questa inquietante città che si presenta come un’entità deforme fuori controllo- non si sa né da dove venga, né dove sia diretta -,pronta a distruggere tutto quanto incontra sul proprio cammino. A ricordo della presenza umana sulla terra rimangono esclusivamente delle braccia che, lungi dell’essere il segno della sapienza creatrice dell’uomo, si mostrano come artigli dalla forza distruttrice e caotica.

Zoomorfologia del cosmo parla di galassie lontane, semplicemente vagheggiate, ma non per questo meno reali. Una di queste, nell’immaginazione dell’artista, si manifesta nelle sembianze di una creatura mimetica che osserva, divertita e beffarda come una scimmia, gli inutili sforzi dell’uomo per individuarla. Alla serie delle cosmologie surreali appartiene anche L’esplorazione dei pianeti dove minuscoli astronauti, inconsapevoli del pericolo che incombe, esplorano una terra deserta nella quale al pari di un miraggio appare una pianta surreale, paradisiaca - come non ricordare il Giardino delle delizie di Hieronymus Bosch? - dalle forme ammalianti e sinuose. Essa affascina gli ignari ed incauti esploratori: non sanno che questa superba visione è partedi quella creatura ostile e minacciosa annidata nelle profondità della terra. Il mostro, probabilmente, non aspetta altro che si avvicinino per inghiottirli. Anche questa, come molte delle storie che l’artista racconta, è sospesa e il lieto fine, almeno per l’uomo, non è assolutamente garantito.

Nelle opere di Turoni la presenza umana appare quanto mai marginale. Questo non significa che non ci sia, semplicemente non è posta al centro della riflessione. Dell’uomo si possono vedere gli effetti negativi della sua azione, come in Antropocene-dove le scomposte membra hanno più del mostruoso che dell’umano -, oppure è presenza totalmente irrilevante, come ne L’esplorazione dei pianeti, dove si offre come facile preda a chi seppur nascostamente domina la scena. In alcune opere è totalmente assente, come in Zoomorfologia del cosmo perché l’universo è troppo vasto perché ci si ricordi di lui. In Condanna evolutiva l’uomo è racchiuso all’interno del suo stesso incubo e da esso pare inesorabilmente sopraffatto.

Anche altre volte l’uomo è presente, ma non più come eroe. Turoni, e non senza una certa ironia, ama invertire i ruoli dei personaggi della storia, si diverte a stravolgere quelle identità che nei secoli si erano stratificate fino a diventare immutabili. Nella serie E se invece… dove sono raccolte storie della mitologia o della tradizione accade proprio questo. Teseo non avrà la meglio sul Minotauro, Bellerofonte e il suo cavallo alato, Pegaso, saranno straziati dalla Chimera. Nemmeno San Giorgio, il glorioso cavaliere di Dio, riuscirà a sconfiggere il famelico drago e cadrà vittima delle sue terribili fauci. Queste visioni in cui gli antichi eroi appaiono miseramente sconfitti vogliono ridare alle figure mostruose una nuova possibilità. Coloro che la storia ha collocato dalla parte sbagliata, meritano una seconda possibilità, una rivincita.Al tempo stesso, queste storie al contrario che Turoni ci presenta custodiscono uno sguardo ironico che invita a guardare quanto ci è strato raccontato senza prenderlo eccessivamente sul serio o, perlomeno, provando ad immaginare nuove possibilità di narrazione. In fondo, la storia è sempre stata raccontata dai vincitori e forse è anche giusto, se non altrocome esercizio di fantasia, immaginare finali diversi.

Solo Ulisse, con la sua astuzia, pare dominare l’incontro/scontro con il ciclope. In Polifemo l’astuto re di Itaca appare come una presenza minuscola e insignificante, eppure capace di affrontare con tutto il suo coraggio e la sua determinazione il terribile gigante. Ulisse non teme la sfida - non si lascia irretire dalla paura e dall’ignoto -, ma la affronta con la sua vivace intelligenza. 

Spesso il lavoro di Alessandro Turoni si nutre di storie della mitologia, una passione che affonda le sue origini negli anni dell’infanzia quando questi racconti di eroi e di divinità capricciose nutrivano la sua immaginazione di bambino. Erano queste le fiabe della sera che, attraverso l’ascolto, abitavano il dormiveglia prima di abbandonarsi ai sogni della notte. Questa dimensione onirica negli anni è certamente rimasta e nutretutte le sue opere. Non si spiegherebbero altrimenti quelle composizionidi animali così irreali ed eccessivi per abitare la terra quanto perfetti per popolare i sogni notturni. Chimerino domestico è un incrocio tra un gatto ed un falco, Chimerino palustre tra un serpente, una nutria ed un pipistrello, mentre lo Scomerlo, come suggerisce il nome stesso, nasce dall’unione tra uno scoiattolo ed un merlo. Tuttavia, questi intrecci di animaliche prendono spunto dalla Chimera - il leggendario mostro della mitologia che univa in un unico corpo diverse forme bestiali - non sono presenze minacciose. Non lo è nemmeno Chimera, nonostante le sue enormi dimensioni. Ispirata a quella di Arezzo, la scultura di Turoni si presenta come una figura quasi addomesticata, dalla forte dimensione ludica. Anche la serie delle mimesi, nate dall’incontro tra pittura e scultura, vede unite figure diverse come il Camaleotauro e il Camaleochimera, ideate dall’innesto di varie creature. In queste opere Turoni, immaginando di vestire ancora una volta i panni dello scienziato o di una divinità creatrice, crea nuove forme di vita tanto vere quanto possono esserlo le storie a cui appartengono. Questi quadri/scultura si presentano come inganni visivi nei quali il mimetismo emerge come una delle dimensioni più significativeche lo spettatore è chiamato ad osservare con attenzione. Camaleochimera, per meglio catturare Bellerofonte, si confonde con l’enorme vulcano che domina tutta la composizione, mentre il Camaleotauro, per cogliere di sorpresa il valoroso Teseo, scompare in quel labirinto che è la sua stessa prigione. Nuovamente, come nella serie E se invece…, le antiche storie vengono ribaltate e si rimane come sospesi, in attesa di inedite conclusioni. Allo spettatore non resta altro che osservare quegli scontri, spesso impari, che Turoni mette in scena, gustarne la tensione, e da lì partire per immaginare nuovi racconti. Forse è questo quello che Turoni chiede attraverso le sue opere: di tornare bambini per viaggiare liberamente con la fantasia.

 

Giovanni Gardini

 

Galleria della Molinella

Voltone della Molinella 2, Faenza

22 dicembre ’22 – 8 gennaio ‘23

 

Orari

23, 24, 27, 29, 31 dicembre, 3, 5, 7 gennaio: 10.00-12.30/16.00-18.30

28, 30 dicembre, 1, 2, 4, 6, 8 gennaio: 16.00 alle 18.30

25, 26 dicembre: chiusa

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